Le aziende stanno cavalcando il tema ambientale con grande fervore e, sarà l’occhio clinico o il nostro interesse personale, ce ne accorgiamo subito quando qualcosa stona nella comunicazione dei brand, piccoli e grandi. E siamo certi che anche i consumatori e i clienti finali se ne rendano conto e questo, di fatto, la rende un boomerang in termini di brand reputation.
Siamo sicuri che la tua comunicazione green sia cosa buona e giusta?
Il pericolo da scongiurare è quello di alimentare il fenomeno del greenwashing che, come affermato da un gruppo di esperti delle Nazioni Unite alla Coop 27 di Sharm el-Sheikh «è sfuggito al controllo». Il Segretario Generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha infatti sottolineato come «non possiamo più permetterci mosse false o qualsiasi forma di greenwashing».
Il greenwashing si manifesta nella comunicazione quando le imprese agiscono per apparire più eco-sostenibili e attente all’ambiente di quanto lo siano in realtà, per logiche di mercato fini a sé stesse.
Questa sintesi semplifica quello che in realtà è un fenomeno complesso, rappresentato da diversi livelli di ambiguità.
Per chi non ci avesse mai riflettuto prima, ricordiamo che il neologismo inglese è stato forgiato partendo dalla parola whitewashing che significa insabbiare, adattandolo al termine green che rappresenta visivamente, da diversi anni, tutto ciò che di positivo è legato all’ambiente.
La prima volta che si sentì nominare questa parola era il 1986, quando l’ambientalista americano Jay Westerveld lo usò riferendosi a strutture ricettive più attente agli introiti che all’ambiente.
In italiano lo possiamo tradurre con l’ecologismo di facciata, sfoggiato con la comunicazione e lo storytelling.
Chi fa greenwashing?
Oggi tante aziende in tutto il mondo adottano questa tecnica subdola e per capire il motivo è sufficiente leggere alcune statistiche:
una ricerca del 2022 di Altroconsumo sulle abitudini di 13 Paesi posiziona l’Italia al 6° posto per lo stile di vita sostenibile.
Adottiamo comportamenti sostenibili soprattutto nel rapporto con il cibo e nello shopping, preferendo l’acquisto di prodotti con un minore impatto ambientale.
La tendenza è in crescita e, secondo lo studio “Top 10 Global Consumer Trends 2022” di Euromonitor, il 78% degli intervistati ritiene che il tema del cambiamento climatico modificherà in modo importante i comportamenti, i bisogni e le preferenze dei consumatori che daranno sempre più attenzione all’impatto ambientale delle loro scelte.
Volevi solo soldi, soldi (clap, clap)
Nelle board delle aziende si è acceso subito il campanello d’allarme che suona esattamente così:
“dobbiamo spostarci sul tema green per mantenere i nostri consumatori, valorizzare la reputazione dell’impresa e aumentare il fatturato”.
Rendere l’impresa sostenibile è molto complesso, anche dal lato economico, e spesso è il prodotto stesso a essere il principale ostacolo verso la sostenibilità. Le realtà che non sentono questo valore come proprio non implementano concrete azioni migliorative ma attivano la strategia del greenwashing.
Uno studio pubblicato nel 2021 dal SUM (Sustainability Management) della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa afferma che su 1.300 annunci pubblicitari analizzati, l’83% è tacciabile di greenwashing per l’inconsistenza del beneficio ambientale ostentato.
Queste tecniche diventano sempre più sofisticate e riconoscerle è difficile, ma ciò che interessa a Nodopiano, come studio digitale, non è tanto (o non solo) educare i consumatori a riconoscerle, bensì aiutare le aziende a raccontare il proprio reale impatto benefico nel modo corretto.
Quando un brand è green lo deve dire a tutti (ma farlo bene!)
La narrazione di un autentico impegno ecosostenibile deve:
- includere dati a supporto di quanto dichiarato, con riferimenti a fonti ufficiali e verificabili;
- mettere in evidenza il percorso e lo storico delle azioni promosse;
- utilizzare un linguaggio trasparente, che non dia adito ad ambiguità che fanno leva sull’emotività dell’utente;
- descrivere tutti gli elementi attivati;
- mostrare l’impegno nel conseguimento di certificazioni riconosciute;
- promuovere l’adesione alla causa di tutta la struttura, la condivisione di valori è fondamentale per radicarsi in modo autentico;
- integrare il racconto della sostenibilità nella strategia di marketing globale.
E soprattutto smettere di considerare il colore verde o il termine green come sufficienti per inscenare iniziative sostenibili!
Noi lavoriamo a fianco di aziende e persone che vogliono lasciare la propria impronta positiva nel mondo, e hanno bisogno di supporto professionale per raccontare impegno e valori in modo efficace. Lo facciamo ad esempio con il Fiore delle Dolomiti, perché condividiamo l’urgenza di fare qualcosa di concreto per migliorare il mondo, che potrebbe ormai equivalere a salvarlo.
Ci piace immaginarci come Robin che fa da spalla a Batman. Ci sta come esempio? Magari a bordo di una Batmobile elettrica.
P.S. Nel nostro profilo Instagram trovi degli esempi clamorosi di greenwashing!